L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha generato conseguenze che sono andate ben al di là di quelle che forse in molti ritenevano possibili. La ferma risposta della comunità internazionale, USA ed UE in primis, ad un atto di aggressione deliberata si è tradotta in una raffica di sanzioni senza precedenti, che hanno contribuito a sconvolgere l’assetto economico che reggeva i rapporti di Mosca con il resto del mondo, ed in particolare, ovviamente, con l’Europa.
Gli interscambi tra UE e Russia sono notevoli, in ogni settore, a partire, chiaramente, da quello energetico, che storicamente vede una forte dipendenza europea dalle materie russe (petrolio e soprattutto gas), che varia a seconda dei Paesi (quelli dell’est sono più esposti, così come Germania ed Italia). Dall’inizio dell’anno, le fluttuazioni degli asset energetici sembravano indebolire una ripresa, impostata dall’anno scorso a seguito di due anni molto difficili, che appariva già appesantita dalla carenza di forniture (dovute a scarsi investimenti effettuati a partire dal 2020) in ogni settore e dalla conseguente spinta inflattiva. L’impennata drammatica dei costi di petrolio e gas derivante dall’instabilità politica prima e dalla guerra poi ha dato una spallata dura al percorso di ripresa intrapreso dai Paesi europei, che finalmente hanno concordato su di una linea di azione che insisterà sulla diminuzione della dipendenza dalle forniture russe, che al momento rappresentano il 27% per il greggio ed il 40% per il gas (senza dimenticare il 46% del carbone).
Il nuovo piano prevede il taglio netto di due terzi delle forniture annue di gas russo (da 150 miliardi a 50 miliardi di metri cubi) entro il 2022, con un programma per alleggerire la quota restante fino ad azzerarla prima del 2030. Le alternative messe sul tavolo sono diverse:
- • Diversificazione delle fonti:
- – ricorso al GNL (portato via nave e rigassificato tramite apposite infrastrutture);
- – rafforzamento delle condutture alternative a quelle russe (con risparmio di 60 miliardi di metri cubi),
- • Rafforzamento delle rinnovabili:
- – accelerazione sull’utilizzo dell’idrogeno (taglio fino a 15 miliardi metri cubi) e del biometano (risparmio di 18 miliardi di metri cubi);
- – incremento delle fonti rinnovabili (per le industrie, con conseguente risparmio di 170 miliardi di metri cubi del fabbisogno totale);
- – Riduzione del consumo delle fonti fossili nell’industria e nel trasporto
- • Risparmio energetico;
- • Investimenti smart;
Per quanto riguarda il risparmio energetico, la Commissione ha puntato su di una duplice direttrice, ossia
- • quella dell’innalzamento del target riguardante l’efficientamento energetico (dal 9% al 13%) per il raggiungimento del “Fit for 55” (ossia la riduzione, entro il 2030, del 55% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990;
- • quella delle linee guida per incoraggiare comportamenti tali da garantire un risparmio energetico nell’ordine del 5% per i consumi di petrolio e gas.
In merito alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, l’UE ha varato una “EU Energy Platform”, che permetterà acquisti comuni (di carattere volontario) tra gli Stati Membri di risorse come gas, GNL ed idrogeno, e medita di sviluppare in futuro un “Meccanismo comune di acquisto” che agisca per conto degli Stati Membri. Inoltre, la nuova Strategia energetica esterna dell’UE supporterà anche la creazione di collaborazione con attori esterni in molti settori (es. idrogeno e tecnologie verdi).
Per le rinnovabili, l’obiettivo è passare dal 40% al 45% come target per Fit for 55, con l’installazione di pannelli capaci di generare 600 GW entro il 2030. Ancora, si auspica la produzione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile di produzione interna più altre 10 da importazione entro il 2030, al fine di sostituire gas, carbone e petrolio, anche nell’industria e nei trasporti. Infine, un piano d’azione sul biometano per aumentare la produzione a 35 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2030, anche tramite la PAC.
In riferimento all’industria, l’obiettivo della Commissione è quello di fare in modo che il comparto possa sfruttare un mix tra risparmio energetico, efficienza, sostituzione del carburante, elettrificazione e un maggiore assorbimento di idrogeno, biogas e biometano rinnovabili, al fine di risparmiare 35 miliardi di metri cubi gas naturale entro il 2030. Per il trasporto, si intende insistere sull’accelerazione verso la transizione alla mobilità elettrica, sia privata che pubblica.
Per gli investimenti smart, occorre ricordare che supportare il piano REPowerEU costerà 210 miliardi di euro tra il 2022 ed il 2027: 225 miliardi sono in realtà già disponibili, nel quadro del Dispositivo di ripresa e resilienza (il Recovery Fund), in forma di prestiti di cui gli Stati Membri ancora non hanno usufruito. A questi dovrebbero aggiungersi
- • 20 miliardi in sovvenzioni, derivanti dalla vendita delle quote del sistema di scambi di emissioni detenute dal Market Stability Reserve;
- • 26,9 miliardi di euro dai fondi di coesione potrebbero essere resi disponibili in trasferimenti volontari all’RRF;
- • 7,5 miliardi di euro della Politica Agricola Comune sono inoltre resi disponibili attraverso trasferimenti volontari alla RRF.
Va infine sottolineato come la quota per gli investimenti ni digitale (minimo 20%) ed il principio do not significant harm, non si applicano alle misure di REPowerEU.